La SEO come conversazione fra le nostre presenze online, Google e chi cerca

Tim Cameron-Kitchen ci aiuta a vedere la SEO come un dialogo costante fra noi, nel medium delle nostre presenze online, l’algoritmo di Google e gli utenti del motore di ricerca. Scopo della conversazione è far comprendere a Google le intenzioni della nostra comunicazione online e indurre il motore a posizionarci nel modo più coerente rispetto ai quesiti formulati dal singolo utente. Da questa prospettiva l’autore illustra in modo ampio, dettagliato e ricco di esempi come condurre questo dialogo, dal punto di vista dei contenuti delle nostre pagine web, del codice sorgente, della velocità di caricamento, della fruibilità mobile, delle attività sistemistiche, ecc.

Invito alla lettura di Tim Cameron-Kitchen, How To Get To The Top Of Google in 2021: The Plain English Guide to SEO, Exposure Ninja, 2020


Finalità delle attività di SEO è incoraggiare Google a indicizzare e posizionare le pagine del nostro sito secondo le nostre intenzioni. I pilastri del ranking di Google sono tre:

  • Rilevanza della pagina rispetto alla ricerca dell’utente e alle sue intenzioni, misurata in base ai contenuti della pagina e allo storico delle interazioni degli utenti con essa (es. se gli utenti, dopo aver cliccato sul link alla pagina, vi si sono soffermati o se sono ritornati indietro, trovandola difforme dalle aspettative)
  • Popolarità della pagina, misurata in base al numero e alla qualità (= provenienza da siti autorevoli; scarsa densità di link sulla pagina di partenza; posizionamento del link in alto sulla pagina di partenza) dei link che puntano alla pagina del nostro sito (backlink)
  • Qualità del contenuto e della forma di esposizione (es. ricchezza tipica di una pagina esperta di settore; velocità di caricamento; ottimizzazione per il mobile).

Tim Cameron-Kitchen propone di progettare e attuare la strategia SEO in base a queste priorità.

  • Analisi preliminare del nostro sito dal punto di vista della SEO
  • Definizione delle parole chiave in target per il nostro sito
  • Attività di ottimizzazione on-site, sul nostro sito, da iterare a partire dalle pagine più strategiche
  • Attività off-site, finalizzate alla creazione di backlink verso il nostro sito
  • Misurazione, a cadenza trimestrale, dei risultati e revisione degli obiettivi.

Analisi preliminare del nostro sito dal punto di vista della SEO

Per una prima analisi del nostro sito dal punto di vista della SEO l’autore ci invita a rispondere ai seguenti quesiti:

  • Il sito è ottimizzato per il mobile?
  • Ha sezioni e pagine dedicate a insiemi omogenei di prodotti/servizi e ai singoli prodotti/servizi?
  • Ogni pagina contiene almeno 300 parole?
  • Esiste un blog?
  • Da ogni pagina l’utente può desumere chiaramente che cosa fa l’azienda?

Definizione delle parole chiave in target per il nostro sito

L’autore ci invita anzitutto a dare un’occhiata a che cosa fanno i nostri concorrenti sul web (= le 5-10 aziende che eventualmente si posizionano meglio di noi per le parole chiave in target e che possono non coincidere con le aziende che nel mondo fisico siamo abituati a considerare nostri concorrenti):

  • Sul web i nostri concorrenti sono aziende medio-piccole o grandi? Sono siti commerciali o informativi?
  • Le pagine dei risultati della ricerca delle parole chiave in target presentano Rich Snippets, mappe e altri “arricchimenti” di contenuto?
  • Con riferimento allo Snippet sulla pagina dei risultati: il Titolo contiene la parola chiave principale rappresentativa dei contenuti della pagina? E’ sufficientemente corto perché Google non tronchi il testo? Nella Descrizione, quante volte compare la parola chiave principale o sue varianti? Il testo è di senso compiuto e invita a essere cliccato? Il Link alla landing page contiene la parola chiave principale o sue varianti? Più in generale, l’URL è parlante?
  • I concorrenti hanno attivato annunci pubblicitari sulle parole chiave in target?
  • La landing page è la home page (o un’altra pagina “di copertina”) oppure una pagina specifica (es. scheda prodotto dell’e-shop oppure un post del blog)?
  • Quante parole contiene in media il corpo del testo delle landing page?
  • Il sito dedica una pagina distinta a ogni prodotto/servizio?
  • Nel corpo del testo appare la parola chiave principale o sue varianti?
  • Qual è il contenuto dei metatag Title, Description, Keywords delle pagine meglio posizionate?
  • La classificazione dei prodotti/servizi è piatta o profonda?
  • Il sito ha un numero elevato di pagine?
  • L’azienda ha un blog? Qual è la frequenza di pubblicazione dei post? Quali i temi affrontati?
  • Che livello di coinvolgimento traspare dalle loro pagine sui social media?
  • Qual è lo stato dei backlink del sito?

Per individuare le parole chiave in target su cui incentrare i contenuti delle nostre pagine web, l’autore ci suggerisce di integrare questi approcci:

  • Sessioni di brain storming per individuare le parole chiave che, dal punto di vista delle diverse figure aziendali e da quello dei vari tipi di interlocutori rappresentano, a diversi livelli di expertise, i prodotti/servizi in modo via via più specifico
  • Scaricare da Google Search Console la lista delle parole chiave da cui riceviamo più traffico (Performance -> Search Results)
  • Usare strumenti come SEMRush per individuare le altre parole chiave per cui le nostre pagine già si posizionano
  • Verificare se parole chiave scelte dai nostri concorrenti sono adatte anche per noi
  • Se vendiamo prodotti stagionali, controllare con Google Trend l’andamento delle ricerche relative alle parole chiave in target
  • Se il nostro radicamento è territoriale, aggiungere parole chiave in grado di intercettare traffico locale
  • Eseguire ricerche dirette in Google per capire meglio come il motore interpreta effettivamente le parole chiave e verificare quali sono quelle affini che suggerisce nella sezione Ricerche Correlate (varianti della parola chiave potenzialmente interessanti per noi)
  • Anche con l’aiuto della Google Search Console (Performance -> Search Pages) individuare le pagine del sito che hanno le prestazioni migliori, per poter decidere verso quali attrarre traffico (può trattarsi di pagine esistenti o di nuove pagine da creare). Con strumenti come SEMRush verifichiamo anche come le pagine più performanti si posizionano rispetto alle parole chiave in target
  • Individuare con strumenti come SEMRush, e/o analizzando le nostre campagne PPC, quali sono le parole chiave più profittevoli per noi in base a volume, CPC, livello di competizione (i due ultimi criteri sono anche indicativi dell’intento più o meno commerciale della ricerca). Non lasciamoci ingannare dalla stima dei volumi di ricerca delle singole parole chiave: keyword a basso volume, ma specifiche, possono essere di grande interesse per intercettare traffico di nicchia. L’autore sottolinea che, per rientrare nelle prime posizioni, dobbiamo porci l’obiettivo di intercettare ca. il 30-35% di traffico generato da un determinata parola chiave.

Attività di ottimizzazione on-site, sul nostro sito, da iterare a partire dalle pagine più strategiche

Partiamo dal nome di dominio… Registrare un dominio parlante è vantaggioso soprattutto per l’utente, mentre ha perso di rilevanza per Google. Il TLD non dovrebbe contenere trattini e dovrebbe essere lungo ca. 14-16 caratteri.

Ai fini della SEO è vantaggioso che l’URL della pagina sia parlante, cioè rappresentativo del contenuto della pagina e della sua eventuale dimensione locale. I termini vanno scritti in minuscolo (a differenza dei nomi di dominio, gli URL delle pagine web sono case sensitive) e separati da trattini.

È utile sapere che, per imparare a formulare il giudizio sulla qualità di un sito, l’algoritmo di intelligenza artificiale di Google è stato allenato sulle risposte che i tester umani di Google hanno dato alle seguenti domande, che anche noi possiamo porci per guardare dalla prospettiva di Google i contenuti, che continuano a essere un tassello fondamentale per il posizionamento:

  • Il contenuto del sito ispira fiducia?
  • Il testo è stato scritto da una persona esperta ed entusiasta dell’argomento?
  • Il sito presenta contenuti originali oppure duplicati da altri siti (o con minime variazioni)?
  • Inseriremmo sul sito il nostro numero di carta di credito?
  • Il testo contiene errori ortografici, sintattici, stilistici o fattuali?
  • I contenuti sono guidati dai bisogni informativi degli utenti?
  • Rispetto alle altre pagina presenti nei risultati, la pagina aggiunge valore per l’utente?
  • Il testo affronta l’argomento da una pluralità di punti di vista?
  • Fra gli esperti di settore, il sito è conosciuto e riconosciuto come autorevole?
  • Qual è il livello di approfondimento del testo?
  • Consiglieremmo il testo a chi desidera approfondire la conoscenza dell’argomento?
  • Il testo potrebbe apparire in pubblicazioni a stampa?
  • Gli utenti si lamenterebbero della pagina, se gliela proponessimo fra i risultati della ricerca?

Per architettare il nostro sito, l’autore consiglia, senza citarlo, di adottare l’approccio “Every Page is Page One” teorizzato da Mark Baker: a prescindere dalla home page e da eventuali altre pagine “di copertina” di sottosezioni del sito (che necessariamente sono generiche), dedicare una pagina distinta a ogni topic (= tema esposto in modo esaustivo e autorevole), corredandola dei contenuti e delle funzioni di contesto necessari perché la pagina possa vivere autonomamente in rete, fornire una porta di accesso specifica al sito (attraverso la pagina dei risultati del motore di ricerca) e, nel contempo, indicare all’utente il quadro generale del sito, orientandone le eventuali successive interazioni. Per massimizzare la rilevanza della pagina, il topic deve costituire la risposta alla domanda implicita nella ricerca dell’utente (es. relativa al che cosa, al come o al perché di un prodotto/servizio; relativa a dubbi comuni, alla distintività dell’azienda rispetto ai concorrenti, a come interagire con l’azienda per avviare la relazione commerciale, ecc.). In quest’ottica è vantaggioso allestire sezioni dedicate a FAQ, Knowledge Base, Blog o applicazioni online di self-help (es. configuratori di prodotto, strumenti di calcolo, ecc.). Nell’ambito di un e-shop, le pagine delle sezioni FAQ, Knowledge Base o Blog, essendo di stampo informativo, potrebbero posizionarsi meglio delle schede prodotto e contribuire a generare contatti/conversioni (a patto di contenere link alle schede dei prodotti rilevanti).

In particolare ai gestori di e-shop l’autore raccomanda di non duplicare i contenuti delle schede prodotto dei fornitori, ma di redigere testi originali – quanto meno per i prodotti più profittevoli -, descrivendo i prodotti dal punto di vista dei loro interlocutori.

Per ridurre il tasso di rimbalzo è opportuno inserire i contenuti rilevanti nella parte superiore della pagina, visibile all’utente senza necessità scrollarla. Nelle prime 100 parole dobbiamo includere anche varianti della keyword principale della pagina.

Il corpo del testo delle pagine deve essere lungo almeno 300 parole (meglio se 500-1.000).

La parola chiave rappresentativa del contenuto della pagina va inserita soprattutto nel Titolo principale, ovvero nel tag H1, che deve ricorrere una sola volta per pagina. Nel Sottotitolo, cioè nel tag H2, che può ricorrere più volte sulla stessa pagina, dovremo invece inserire varianti della keyword princiale. I tag H1, H2, H3 vanno usati sempre nella sequenza corretta. Per esempio, nel caso della pagina dei risultati di un e-shop, l’H1 può contenere il nome della categoria merceologica, l’H2 le descrizioni brevi dei prodotti proposti, mentre l’H3 – a piè di pagina, cioè dopo gli H2 – una descrizione estesa della categoria merceologica.

I metatag Title, Description vanno valorizzati in modo specifico per ogni pagina.

Ai fini SEO il metatag Title è il singolo fattore più importante e deve contenere la parola chiave rappresentativa dei contenuti della pagina, nonché una o due sue varianti ed eventualmente riferimenti locali e/o al brand. Il contenuto del metatag Title deve essere di ca. 57 caratteri e non deve coincidere con il Titolo della pagina, cioè con il contenuto del tag H1.

Il metatag Description dal 2009 non influisce più sul ranking di Google. Tuttavia, se accattivante, migliora il CTR della landing page che, a sua volta, incide positivamente sul suo posizionamento all’interno della SERP. Il contenuto del metatag Description deve quindi sintetizzare il topic della pagina in un testo di senso compiuto lungo ca. 150-160 caratteri, includendo parole chiave rilevanti e anche indicative dell’intento (es. informativo, commerciale, ecc.) della pagina.

Secondo l’autore il metatag Keywords, non influendo più sulla SEO, dovrebbe essere lasciato vuoto, poiché servirebbe solo ai concorrenti per verificare le parole chiave per le quali intendiamo posizionare la pagina.

Nome dell’immagine e valore dell’attributo Alt del tag Image devono essere parlanti e rappresentativi del contenuto dell’immagine. Parole chiave rilevanti vanno incluse laddove pertinenti.

L’autore afferma che all’incirca solo 1/3 dei siti marca i propri contenuti secondo il vocabolario di dati strutturati Schema.org, l’unico che dal 2020 Google supporta per generare i Rich Snippet, ovvero di risultati della ricerca “arricchiti” di contenuti aggiuntivi (es. prezzo del prodotto, immagine miniturizzata, valutazione dei clienti, ecc.). Benché sia a discrezione di Google includere o meno nel risultato della ricerca i contenuti marcati in base allo schema di Schema.org, l’autore consiglia di marcare i contenuti per avere una chance in più di differenziarsi dai concorrenti sulla SERP.

Per comunicare periodicamente a Google la composizione del nostro sito è necessario creare la sitemap XML del sito e inviarla al motore di ricerca attraverso la Google Search Console.

Il sito dovrebbe non solo essere ottimizzato per dispositivi mobili, ma costruito secondo il criterio del Mobile First.

È molto importante verificare la velocità di caricamento delle pagine del sito usando i Google Page Speed Insights e strumenti come il Pingdom Page Speed Monitoring. Con il lancio, a maggio 2021 dei Core Web Vitals, la velocità diventa un fattore di ranking primario. L’autore ci riporta alla memoria i limiti dei tempi di risposta individuati già nel 1993 da Jacob Nielsen (https://www.nngroup.com/articles/response-times-3-important-limits/) e che sono ancora validi poiché basati sulla percezione umana: se riceviamo una risposta in 0,1 secondi la percepiamo come una risposta in tempo reale; se la riceviamo in 1,0 secondo, notiamo il ritardo, ma ciò non pregiudica il flusso del nostro pensiero; se la riceviamo dopo più di 10 secondi, per mantenere alta la nostra attenzione, abbiamo bisogno di un feedback dall’applicazione, che ci indica che sta portando a termine il compito richiesto. Secondo uno studio di Kissmeter citato dall’autore, circa metà degli intervistati ha un’aspettativa sul tempo di caricamento della pagina di ca. 2 secondi, mentre il 40% dichiara di abbandonare la pagina, se essa impiega più di 3 secondi per caricarsi. Strategie comuni per ridurre il tempo di caricamento delle pagine sono: salvare nella cache gli elementi che non richiedono un aggiornamento in tempo reale; potenziare database e web server per ridurne i tempi di risposta; ottimizzare le immagini; caricare prioritariamente i contenuti presenti nella parte visibile  della pagina (senza scrollare); ubicare i server in un’area geografica prossima a quella degli utenti tipici e/o ricorrere a servizi di ottimizzazione come CloudFlare.

Accrescere costantemente nel tempo il numero di pagine del sito, mirando via via a parole chiave in target a più elevata competitività è un strategia utile per segnalare a Google il buono stato di salute del sito.

Attività off-site, finalizzate alla creazione di backlink verso il nostro sito

Il ranking di Google è influenzato non solo dagli aspetti contenutistici e tecnici della pagina web, nonché dalla storia dell’interazione degli utenti con essa, ma anche dalla popolarità della pagina, misurata in base al numero e alla qualità dei backlink, cioè dei link che da pagine web esterne puntano alla nostra pagina.

Usare strumenti come Link Explorer è utile per verificare i link in ingresso al sito nostro e a quello dei nostri concorrenti sul web, nonché gli aspetti tecnici legati a linking domains, domain authority, anzianità del dominio e page authority, da cui Google desume la qualità delle pagine che contengono link in ingresso al nostro sito.

Strumenti come Link Explorer permettono di controllare anche gli anchor text presenti nelle pagine che contengono backlink al nostro sito. Google usa anche il contenuto dell’anchor text come indizio per determinare il topic della pagina di destinazione: per questo motivo l’anchor text, nel caso ideale, contiene la parola chiave principale rappresentativa del contenuto della pagina. Inoltre, Google valuta positivamente la varianza degli anchor text a fronte della medesima pagina di destinazione, poiché è indice di link inseriti in modo naturale dai titolari dei siti di partenza.

Fra le attività off-site, l’autore ne consiglia alcune che, per sua stessa ammissione, non sono in grado di spostare l’ago della bilancia in termini di ranking, ma che comunque vale la pena portare avanti:

  • Creare la scheda dell’azienda su business directory preferibilmente di settore e dotate di cicli di approvazione gestiti da persone
  • Inserire link a pagine del nostro su canali video (su YouTube è necessario inserire il link completo di http/https per renderlo attivo) e social media.

Le attività off-site legate al content marketing e alle PR digitali sono impegnative e richiedono un impegno costante, ma possono davvero migliorare il posizionamento delle nostre pagine.

Anzitutto è necessario predisporre un piano editoriale in base a cui redigere i post, incentrandoli su argomenti utili ai nostri vari tipi di interlocutori (es. tendenze di settore; consigli per evitare errori comuni; vantaggi oggettivi di un prodotto/servizio; casi studio, ecc.).

L’autore consiglia di individuare i siti informativi verticali su cui navigano gli interlocutori in target (es. riviste di settore) e proporre loro contributi publiredazionali. Laddove possibile, dovremmo includere nel contributo il backlink alla landing page del nostro sito in cui invitare l’utente a compiere un’azione da lui percepita come a valore aggiunto (es. scaricare un buono per una consulenza gratuita, ecc.), in cambio del suo indirizzo e-mail e del consenso a contattarlo.

Rivolgendosi preferibilmente a sondaggisti esperti, potremmo lanciare su un campione rappresentativo un sondaggio su un tema rilevante, capace però di generare risultati inattesi e quindi interessanti per i nostri interlocutori. Dovremmo poi dedicare un post al commento dei risultati del sondaggio commissionato (o, in alternativa, commentare un sondaggio già pubblicato, evidenziandone aspetti trascurati) e inviare per esempio a riviste di settore un comunicato stampa (i Google Docs forniscono per esempio il Press Release Template) che promuova la storia raccontata nel nostro post, includendone il link.

La collaborazione con blogger e influencer di settore può essere presa in considerazione soprattutto nel settore B2C, per prodotti su cui le persone sono già inclini a scambiarsi idee online. Per toccare i registri giusti è fondamentale appropriarsi del linguaggio e delle dinamiche comunicazionali della comunità di riferimento. L’accesso a prodotti/servizi gratuiti, la possibilità di partecipare a eventi aziendali, l’attivazione di programmi di affiliazione, la fornitura di contenuti di base (testi di riferimento, immagini, video) sono strumenti utili, ma non sempre sufficienti, per convincere i blogger e influencer ad avviare una collaborazione.

Per individuare temi su cui contribuire, l’autore consiglia di seguire gli hashtag #journorequest e #prrequest su Twitter. I tweet non mancano, ma sembrano concentrati nell’area anglosassone e quindi forse poco rilevanti per le aziende attive in prevalenza sul mercato italiano.

Benché non sia chiaro se Google utilizzi i social signals a fini di ranking, è comunque opportuno ottimizzare in chiave SEO le presenze aziendali sui social media e i contributi che pubblichiamo, arricchendoli di parole chiave in target e backlink al sito.

Non solo per chi opera localmente è consigliata la compilazione della scheda aziendale su Google My Business.

Dato che Google visualizza le valutazioni che gli utenti fanno su Google e Facebook, l’autore consiglia di inviare a ogni cliente una richiesta automatica di valutazione/recensione, in modo tale da massimizzare la probabilità che qualche cliente risponda all’appello. Chi ha un punto vendita fisico potrebbe invece esporre un cartello con QR e CTA del tipo “Lasciaci il tuo commento su Google/Facebook”. Secondo l’autore si tratta di un metodo che funziona meglio di altri, perché le persone sono stimolate a compiere subito l’azione, mentre di trovano ancora nel punto vendita, per esempio in un momento di attesa.

Misurazione, a cadenza trimestrale, dei risultati e revisione degli obiettivi

Anche se l’autore non si sofferma in modo particolare sull’aspetto degli analytics, anch’egli sottolinea l’importanza di usare strumenti come SEMRush,SeRanking, RankTracker per verificare, per esempio quante sono le parole chiave in target per cui il nostro sito di posiziona e quali sono i trend di posizionamento delle nostre pagine per le parole chiave in target.

L’autore ammonisce infine alla costanza e alla pazienza: le attività di ottimizzazione SEO on- e off-site daranno i primi risultati stabili dopo 3-6 mesi e il posizionamento è sempre soggetto a fluttuazioni.

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