Perché la Customer Experience è un prodotto strategico dell’azienda?

L’esperienza che il cliente ricava dalle interazioni con l’azienda è fondamentale per distillarne i pensieri e le sensazioni relative al brand e ai prodotti/servizi che offre. Razionalità dei pensieri e temperatura delle emozioni guidano le azioni del cliente, che necessariamente si riflettono sulle performance dell’azienda in termini di costi, ricavi e reputazione.

Disegnare un’esperienza appagante per i segmenti di riferimento è dunque un’attività aziendale strategica, poiché solo un’esperienza complessivamente positiva predispone a prestazioni aziendali di segno positivo. Clienti e azienda vincono o perdono assieme.

Invito alla lettura dell’interessante libro di Howard Tiersky, Winning Digital Customers: The Antidote to Irrelevance, Cranberry Press, LLC, 2021


Il libro di Howard Tiersky prende le mosse da due premesse.

La prima è la differenza fra customer love e customer loyalty: mentre la fedeltà si estrinseca nella reiterazione dell’acquisto anche in assenza di coinvolgimento emotivo, l’affetto del cliente è sempre connotato emotivamente e si manifesta non solo in acquisti reiterati, ma anche nella ricerca del contatto e della relazione costante con il brand. I clienti, osserva Tiersky, sono portati ad affezionarsi ad aziende che non solo soddisfano le loro esigenze o superano le loro aspettative, ma che sono sintonizzate sulle loro frequenze valoriali.

Perché Tiersky insiste sull’importanza della componente affettiva, definendola il singolo fattore di successo principale di un’azienda? La seconda premessa è il nesso, dimostrato da vari studi citati dall’autore, fra esperienza del cliente, pensieri e sensazioni suscitati dall’esperienza, comportamento del cliente e performance aziendale.

Ovvero: un’esperienza appagante suscita nel cliente la sensazione che l’azienda si stia prendendo cura di lui e lo predispone a un atteggiamento positivo nei confronti del brand, che si traduce in azioni concrete (ricerca dei prodotti dell’azienda, acquisto, passaparola, ecc.) che vanno a vantaggio delle performance aziendali.

L’autore pone l’accento sull’esperienza nell’interazione fra cliente e azienda, poiché è ciò di cui le persone si fidano maggiormente (oltre che dei giudizi dei pari), prestando invece poco credito alle parole del brand.

La tesi di fondo di Tiersky è che il design dell’esperienza cliente è un’attività strategica, poiché ha l’obiettivo di innescare una correlazione virtuosa fra esperienza, pensieri e sensazioni, nonché comportamenti del cliente e performance dell’azienda. Cliente e azienda vincono o perdono assieme nel gioco in cui punti di contatto, fasi del customer journey, interazioni e  – in sintesi  – l’esperienza complessiva, sono fondamentali nel determinare la temperatura della relazione e nel guidare le azioni del cliente. 

L’esperienza a cui Tiersky si riferisce è essenzialmente digitale: l’analogica non è esclusa, ma va ripensata alla luce del digitale e integrata in essa.

Inoltre, l’autore sottolinea la presenza di tre livelli dell’esperienza digitale: comunicazione, e -commerce (che a suo giudizio consiste nella digitalizzazione di processi possibili anche nel mondo analogico) e trasformazione digitale, che abilita interazioni impossibili senza il supporto delle tecnologie digitali, puntando su riduzione dello sforzo e iper -comodità, personalizzazione proattiva e spostamento del valore verso il cliente  – quattro costanti delle esperienze disegnate dalle aziende digitali di successo.

Illustrando una metodologia basata sul Design Thinking degli anni Cinquanta e rivisitata alla luce del digitale, Tiersky mostra come sottoporre a un miglioramento continuo l’esperienza cliente attuale (obiettivo evolutivo a breve termine) e come disegnare una nuova esperienza cliente guidata dalle tecnologie del digitale (obiettivo rivoluzionario a medio termine).

Nella visione dell’autore, se incentrate sul cliente, evoluzione e rivoluzione non sono in contrasto, ma sinergiche, poiché  – sia pure a livelli diversi  – trasformano l’esperienza nel fattore in grado di innescare il circolo virtuoso tra appagamento del cliente e incremento delle performance aziendale.

Dato che l’esperienza va migliorata o disegnata in funzione dell’appagamento del cliente, la fase di pre -ideazione del Design Thinking inizia con la sintonizzazione dell’azienda sul cliente.

Tiersky illustra metodi indiretti e diretti, qualitativi e quantitativi per raggiungere una buona conoscenza di esigenze, aspettative, desideri, disorientamenti, frustrazioni e paure dei cliente, ma anche per raccogliere materiali utili a distillare indicazioni non esplicitate.

Fra i metodi proposti dall’autore spiccano la raccolta di testimonianze di customer experts (venditori, addetti al customer service, consulenti, ecc., che propongono una visione d’insieme sui segmenti di clienti, determinata dall’esperienza pluriennale e dal ruolo), l’analisi dei dati (presenze sul web, log del server web, log degli errori generati dagli utenti, log delle ricerche fallite sul sito, CRM, ecc.), l’ascolto dei social media, le interviste a clienti (che raccontano una storia personale, ma potenzialmente rappresentativa di un segmento), l’osservazione dei clienti (che svolgono compiti assegnati, interagendo con i punti di contatto), la somministrazione di questionari (che danno un apporto quantitativo e permettono di ampliare il campione), la misurazione di metriche standardizzate (come il Net Promoter Score). Anche l’esplorazione del più ampio dominio del problema in cui i clienti agiscono, la conoscenza del mercato (concorrenti tradizionali, aziende che stanno rivoluzionando le regole del settore, soluzioni adottate in altri settori a problemi analoghi, ecc.) e il confronto con l’universo letterario (della fantascienza in primis) possono fornire ulteriori stimoli interessanti.

Conciliare e sintetizzare i risultati delle indagini, individuare pattern, ovvero dimensioni e caratteristiche che differenziano o che accomunano i segmenti di clienti, dedurre intenzioni, pensieri e sensazioni, permette di distillare customer personae in grado di dare un volto e una storia agli interlocutori tipici dell’azienda.

Su queste persone, il cui ritratto va aggiornato nel tempo, l’azienda incentra non solo il design, evolutivo e/o rivoluzionario, dell’esperienza che desidera suscitare nel cliente attraverso punti di contatto, fasi del customer journey e interazioni, ma anche la definizione degli obiettivi di business propiziati dal design dell’esperienza, nonché le metriche per misurarne il raggiungimento.

Customer personae a parte, far evolvere l’esperienza cliente attuale e disegnare una nuova esperienza cliente guidata dalle tecnologie del digitale richiede un metodo distinto.

Le fasi di ideazione e post -ideazione del design evolutivo sono guidate dalla mappatura del customer journey attuale, dei punti di eccellenza e dei punti dolenti evidenziati dalle indagini conoscitive.

Obiettivo è stilare la lista delle priorità dei punti dolenti su cui intervenire (in base a gravità percepita dal cliente, frequenza, numero e valore economico dei segmenti interessati dal problema, tipo di reazione emotiva suscitata, ripercussioni legali o sulla reputazione dell’azienda, facilità di realizzazione, ecc.), definire un piano di attuazione a cadenza trimestrale e misurare i risultati.

Il miglioramento continuo dell’esperienza attuale influisce positivamente sulle performance aziendali (per esempio rimuovendo motivi di confusione o frustrazione in fase di check -out e riducendo così il tasso di abbandono del carrello), fa capire ai clienti che l’azienda si premura di soddisfarne le esigenze e aiuta a “vendere” internamente l’innovazione.

Rivoluzionare l’esperienza cliente richiede invece uno slancio visionario, sia pure ancorato oggettivamente alla conoscenza del cliente, alla comprensione del customer journey allargato, all’intuizione dei sogni di “comodità” delle persone, alla trasversalizzazione di soluzioni adottate in altri settori, alle possibilità tecnologiche, ecc.

La fase di ideazione del Design Thinking richiede anzitutto la creazione di un’ambiente favorevole a trasformare l’azienda in una fabbrica di idee: comporre un team il più variegato possibile, fornire conoscenze rilevanti, far vivere alle persone esperienze stimolanti atte a rimuovere barriere causate da abitudini, credenze e percezioni identitarie, diffondere un clima di accoglienza di tutte le idee, ecc.

La fase di post -ideazione del Design Thinking prevede la prioritizzazione delle idee generate in base a desiderabilità per il cliente, valore per l’azienda (per esempio incremento degli acquisti e della loro iterazione, riduzione dei costi di marketing o distribuzione, miglioramento della reputazione, aumento del passaparola positivo, attivazione di nuove partnership, accesso a bandi o agevolazioni fiscali, ecc.), appartenenza a un momento topico della relazione cliente -azienda (in cui il cliente verifica, se nella pratica la sua scelta è stata giusta, esprimendo un giudizio non solo sull’azienda, ma anche su se stesso e sul rischio che ha scelto di correre), modularità e integrabilità all’interno di una nuova esperienza cliente, costi e sforzi di realizzazione, rischi (tecnologici, realizzativi, organizzativi, di adozione da parte dei clienti, di relazione con partner e concorrenti, legali, ecc.).

Anche in questo contesto Tiersky suggerisce di aggregare, cioè di mettere a sistema le idee intorno a storie atte a narrare le nuove esperienze cliente. Lo strumento dello storytelling si rivela utile, non solo perché i clienti vivono la relazione con l’azienda come un’esperienza unitaria, cioè come una narrazione di cui sono protagonisti, ma anche perché i racconti permettono di affrontare ostacoli tipici e di indicare come affrontarli, nonché di agevolare la diffusione interna della nuova visione.

L’ideazione sfocia nel design vero e proprio e nella prototipazione dell’esperienza cliente.

Il design si concentra non solo sulla customer experience (la punta dell’iceberg, secondo l’autore), ma anche sul business model (è comune che la nuova esperienza cliente digitale implichi un nuovo modello di remunerazione dell’offerta aziendale), su organizzazione e flussi di lavoro, sui dati (necessari per rappresentare digitalmente l’offerta aziendale, per personalizzarla proattivamente e per misurarne le prestazioni), nonché sull’infrastruttura tecnologica.

Fondamentale il ruolo che Tiersky assegna alla prototipazione della nuova esperienza cliente: a patto di definire accuratamente che cosa includervi rispetto alla versione finale, quale grado di fedeltà raggiungere e che tipo di test eseguire, si tratta di uno strumento prezioso non solo di condivisione interna del progetto di sviluppo, ma anche di previsione della probabilità di adozione da parte dei clienti. L’autore sottolinea che il successo della nuova esperienza cliente passa non solo dalla sua capacità di rispondere a desiderata espliciti o latenti, ma anche da quella di suscitare nell’utente la percezione che i benefici superano nettamente i costi di adozione (non tanto in termini economici, quanto di sforzo richiesto).

L’ultima tappa della fase di post -ideazione del Design Thinking prevede la realizzazione e il lancio del Minimum Viable Product, cioè del prodotto minimo funzionante, che – oltre a ridurre costi e time -to -market – è necessario per misurarne l’accoglienza presso i clienti e a raccogliere i feedback utili a guidare l’evoluzione successiva.

L’autore sottolinea che il Design Thinking è applicabile al disegno, evolutivo o rivoluzionario, di tutti i prodotti dell’azienda e che, significativamente, per prodotti è necessario intendere non solo quelli che l’azienda vende ai suoi clienti, ma anche tutti i punti di contatto che realizza per permettere ai clienti di scoprire, trovare, acquistare, usare e valutare l’oggetto dell’offerta commerciale dell’azienda.

Ovvero: l’esperienza cliente è consustanziale a ciò che l’azienda vende e contribuisce quindi a determinarne il successo o l’insuccesso commerciale.

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