Scoprire le aspettative dei clienti, affrontare i conflitti di canale e non ignorare Amazon Business: ecco alcuni fattori chiave per un e-commerce di successo

Questo è il secondo post che dedichiamo all’invito alla lettura dell’interessantissimo libro di Brian Beck, Billion Dollar B2B Ecommerce: Seize the Opportunity, Monrovia Media, 2020.

Alla luce della trasformazione digitale in atto, Beck invita le aziende B2B a non dare per scontata la conoscenza delle esigenze e aspettative dei loro interlocutori, ma a riscoprirle e verificarle periodicamente per afferrare cambi di abitudini indotti anche dalla consumerizzazione del settore B2B.

La trasformazione digitale, e la sua intrinseca tendenza alla disintermediazione, agiscono non solo sul produttore, ma anche sul distributore/rivenditore e sull’utilizzatore, rendendo necessario ridefinirne i ruoli all’interno della rete del valore.

Beck dedica un capitolo a sé a come, in particolare i produttori che propongono prodotti differenzianti, possono trarre vantaggio dall’interazione con Amazon Business per “vendere su”, “competere con” e “imparare da” questa piattaforma.


Tralasciando temi pur interessanti affrontati da Brian Beck – come la leadership e il decalogo degli standard di fatto dell’e-commerce B2B -, in questo secondo post ci soffermiamo sulla riscoperta delle aspettative degli interlocutori dell’azienda, sulla mitigazione dei conflitti fra canali di vendita e sull’opportunità o meno di essere presenti su Amazon Business.

Alla luce della trasformazione digitale in atto, Brian Beck invita le aziende B2B a non dare per scontata la conoscenza delle esigenze e aspettative dei loro interlocutori, ma a riscoprirle e verificarle periodicamente attraverso attività iterative fatte di questionari, interviste, focus group, web analytics e report della forza vendita.

Obiettivo è afferrare il cambiamento delle abitudini di ricerca, acquisto e interazione con i servizi di supporto post-vendita, anche alla luce della consumerizzazione del settore B2B e del suo orientamento sugli standard di fatto del settore B2C e di Amazon in particolare.

Ecco alcuni quesiti tipici da rivolgere agli interlocutori con finalità di segmentazione e costruzione di buyer personae specifiche per canale e fase del customer journey:

  • In azienda, chi usa e chi acquista i prodotti?
  • I diversi tipi di utenti, come usano l’e-commerce per cercare i prodotti da acquistare?
  • Quanto sono usati i dispositivi mobili?
  • Quali altri siti sono consultati in fase di ricerca e acquisto (inclusi Google, Amazon e i social network)?
  • Che servizi ci si aspetta di trovare online? Per esempio: contenuti contestualizzati in base ai prodotti acquistati; promozioni personalizzate e spedizioni gratuite; supporto a sistemi di punch-out; condivisione del carrello con notifiche per la gestione del ciclo di approvazione dell’ordine; riordino rapido; tracking di ordini e spedizioni; download di documenti transazionali; apertura di ticket, ecc.

Brian Beck dedica un capitolo molto interessante ai conflitti fra canali di vendita, che sul produttore funzionano da freno all’apertura di un e-commerce rivolto direttamente all’utilizzatore.

L’autore parte dal presupposto che la trasformazione digitale e la sua intrinseca tendenza alla disintermediazione agiscono non solo sul produttore, ma anche sul distributore/rivenditore e sull’utilizzatore. Al lancio di un e-commerce da parte del produttore, il distributore/rivenditore risponde non di rado con lo sviluppo di prodotti a marchio privato, alimentando un rapporto di concorrenza incrociata.

Eppure, sottolinea Brian Beck, il conflitto fra produttore e distributore/rivenditore non è inevitabile, benché il rapporto fra le parti vada ridisegnato alla luce della trasformazione digitale.

Il primo passo che il produttore può compiere verso la gestione dei conflitti è analizzare ogni canale. Ecco alcuni quesiti tipici:

  • Quali sono i ricavi del canale?
  • Perché gli acquirenti se ne servono? Qual è il principale valore aggiunto che percepiscono?
  • Quali sono gli strumenti che il canale usa per gestire il customer journey di lead e clienti? Quale livello di integrazione permette (per esempio: funzioni EDI, supporto a sistemi di punch-out, sistemi di riordino automatico)?
  • Oggettivamente, qual è il peso delle relazioni personali (anche in prospettiva del ricambio generazionale)?
  • Se il canale ricevesse supporti digitali aggiuntivi, quali potenzialità latenti potrebbe esprimere in termini di brand awareness e di raggiungimento dell’utilizzatore finale?

Brian Beck osserva che la persistenza del distributore/rivenditore è legata alla sua capacità di creare valore aggiunto per l’utilizzatore al di là del prezzo e della disponibilità di prodotto, ovvero in termini di competenza, servizio, capacità di aggregare prodotti di sistema, ecc.

Viceversa, ai fini della salute dell’ecosistema complessivo, è opportuno che il produttore che decide di lanciare un e-commerce rivolto all’utilizzatore adotti accorgimenti finalizzati a mitigare i conflitti di canale. Ecco i suggerimenti dell’autore:

  • Informare in modo chiaro i distributor/rivenditore riguardo alle sue strategie di e-commerce (su owned media, siti di parti terze e marketplace, social network, ecc.)
  • Esporre agli utenti non registrati solo i prezzi al pubblico consigliati, proponendo prezzi e sconti personalizzati solo agli utenti registrati
  • Diversificare l’assortimento proposto dal produttore e dai distributori/rivenditori
  • Sviluppare un brand apposito per i prodotti da vendere sull’e-commerce del produttore
  • Diversificare il segmento di mercato servito dal produttore e dai distributori/rivenditori (per esempio: MRO e consumabili vs. prodotti completi, ecc.).

Brian Beck afferma che, quando il produttore serve direttamente l’utilizzatore in forme tali da mitigare il conflitto fra canali, egli si pone nelle condizioni di comprendere meglio le esigenze dei distributori/rivenditori e di supportare più efficacemente quelli a valore aggiunto. Ecco due esempi dell’autore:

  • Le stesse informazioni veridiche, ricche e rilevanti che il produttore crea e gestisce per le sue presenze digitali, possono essere condivise con distributori/rivenditori e da loro rielaborate e integrate nell’ecosistema di comunicazione verso l’utilizzatore finale
  • La pratica della gestione di ordini più piccoli, frequenti e rapidi fa acquisire al produttore competenze sfruttabili per inviare in drop-shipping all’utilizzatore la merce per conto del distributore/rivenditore.

Infine Brian Beck accenna al fatto che produttori e distributori/rivenditori possono imboccare anche una strada alternativa, e molto sfidante, a quella del lancio di un e-commerce, sviluppando un marketplace verticale aperto anche ai concorrenti, in cui il plus per il gestore è rappresentato soprattutto dalla possibilità di studiare il comportamento di venditori e acquirenti e di monitorare le performance dei prodotti, propri e della concorrenza.

L’autore dedica un capitolo interessantissimo al rapporto fra produttori e distributori/rivenditori e Amazon Business.

Amazon Business esiste dal 2015 e in Italia è presente da marzo 2020.

Ecco un articolo che illustra in sintesi il funzionamento di Amazon Business in Italia, per venditori e acquirenti: https://inga.expert/amazon-business/

E questo è il link alla home page italiana di Amazon Business: https://www.amazon.it/b?node=14859625031

Brian Beck ipotizza che l’impatto di Amazon Business possa essere più negativo per i distributori/rivenditori, mentre per i produttori le opportunità attualmente mancano. Per esempio:

  • Farsi trovare dagli acquirenti nei luoghi della rete che già frequentano abitualmente. Sull’onda della consumerization, i buyer si aspettano di poter acquistare da ogni dispositivo e canale, marketplace e social network compresi. La comodità contestuale ha assunto un peso maggiore rispetto alla fedeltà al marchio
  • Acquisire nuovi lead e clienti
  • Disporre di una nuova fonte di entrata, al netto delle commissioni di Amazon Business
  • Presidiare categorie merceologiche prima che si saturino e che siano chiuse all’ingresso di nuovi fornitori
  • Controllare la presenza del proprio brand su Amazon, in particolare in termini di presentazione dei prodotti, prezzi praticati, monitoraggio delle attività di distributori/rivenditori che operano più o meno in accordo con il produttore, ecc.).

Un’azienda, quando dovrebbe prendere in considerazione l’ipotesi di essere presente su Amazon?

La risposta dell’autore è netta: quando il suo prodotto è differenziante. Vendere commodity è rischioso non solo a causa della pressione sul prezzo, ma anche perché Amazon potrebbe decidere di entrare nel segmento con i suoi prodotti a marchio privato. Inoltre, Amazon non si presta a valorizzare competenza e servizio come fattori differenzianti.

Sulla scorta di alcuni casi studio, Brian Beck consiglia di approcciare il marketplace con l’intento di “vendere su”, “competere con” e “imparare da” Amazon (per esempio per quanto concerne l’uso di immagini e video, la compressione dei tempi di consegna, l’uso della leva della spedizione gratuita, ecc.)… ma soprattutto di non ignorare il marketplace, ora che ha fatto il suo ingresso nel segmento B2B.

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