Social e valorizzazione della complessità

Invito alla lettura dello stimolante libro di Francesco Oggiano, SociAbility. Come i social stanno cambiando il nostro modo di informarci e fare attivismo, Milano, Piemme, 2022

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Presupposto implicito del libro di Francesco Oggiano è che i social, diversamente dai motori di ricerca, hanno l’obiettivo di incrementare il nostro tempo di permanenza al loro interno.

Mentre i motori cercano di proporci i contenuti più rilevanti per la nostra ricerca, sapendo in questo modo di fidelizzarci, i social (con la parziale eccezione di comunità professionali come LinkedIn) si focalizzano sull’espressione delle emozioni, più che sulla comunicazione dei contenuti, per risvegliare la nostra attenzione, sollecitarci ad agire anzitutto digitalmente – valutando, condividendo o commentando – e indurci iterare il ciclo il più a lungo possibile.

Non va dimenticato che le azioni digitali sono monetizzabili da parte sia della piattaforma (per esempio in termini di profilazione dell’utenza e di vendita di pubblicità targetizzata), sia di singoli agenti (per esempio in termini di collaborazione con soggetti interessati a distribuire il loro messaggio alla rete di influenza dell’utente).

Ritornando alla relazione fra persone, temi, emozioni e azioni, Francesco Oggiano – citando studi di settore – osserva che le emozioni negative sono i più potenti attuatori dell’azione.

Ovvero: un tema che scatena ira o indignazione ha un potenziale di viralità e di azionabilità digitale maggiore rispetto a un argomento che suscita emozioni positive.

Tematiche civiche, sociali, politiche o ambientali contengono un’elevata carica emozionale e, in quanto tali, si prestano non solo a essere oggetto di dialettica complessa, ma anche di polarizzazione semplificatrice: hanno cioè la capacità di spaccare la platea in amici – a cui continuare a rivolgersi, perché stanno dalla nostra stessa parte, assunta come quella giusta – e nemici personali, da convertire al nostro partito o da ostracizzare, ma con cui non confrontarci in una logica di dialogo.

Si tratta di questioni su cui le persone, in linea di principio, possono sia dibattere portando argomentazioni oggettive, sia esprimere giudizi soggettivi aprioristici. Sui social questo secondo approccio, meno impegnativo, è però favorito anche dalla velocità e dalla distrazione che spesso caratterizzano il nostro modo di vivere al loro interno.

Mentre sui motori di ricerca le informazioni viaggiano da sole, sui social (con la parziale eccezione di TikTok) esse viaggiano sempre accompagnate dalla persona che decide di condividerle con la propria rete.

Per ampliare la sfera di influenza, parlando a persone che non ci conoscono, è anzitutto necessario renderci riconoscibili, costruendo e rappresentando la nostra identità.

Francesco Oggiano sottolinea che sui social, a causa del modello relazionale che sottendono, anche l’identità è soggetta alla regola della semplificazione a cui sottostanno gli argomenti. Per risultare facilmente leggibile anche da parte di interlocutori non noti e poco attenti, e per non disorientare l’audience una volta acquisita, l’identità va costruita con blocchi di “categorie dai confini rigidi” e il più possibile “coerenti”, cioè invarianti.

La tentazione è dunque quella di brandire temi emozionalmente connotati come vessilli capaci di identificarci univocamente agli occhi degli altri.

Secondo Francesco Oggiano argomenti di natura civica, sociale, politica o ambientale sono quindi spesso usati – da persone comuni, personaggi in vista, politici, movimenti, aziende, ecc. – come medium per costruire il proprio sé social, per formare gli insiemi di amici a cui parlare e di nemici personali da ostracizzare, per indurre negli amici determinate azioni digitali innescate da molle emozionali e per trarre benefici da tali interazioni (per esempio in termini di riconoscibilità, influenza, guadagno economico, ecc.).

Il pericolo insito nella semplificazione, nella polarizzazione e nella “costrizione alla coerenza” è l’autocensura: non affrontare temi, non prendere posizioni, non evolversi in direzioni che potrebbero dispiacere a uno degli insiemi di nostri amici social.

Polarizzare i temi, costruire identità semplici e ingabbiate nella coerenza, fare appello a emozioni negative, ostracizzare i non-amici, sono rischi insiti nel modo in cui i social hanno progettato il nostro comodo abitare al loro interno.

L’invito di Francesco Oggiano è di prendere consapevolezza di ciò, di abbandonare la strada più confortevole e di dare valore alla complessità, orientando il nostro agire, non solo sui social, alle regole di base della convivenza democratica: regole uguali per tutti; consultazione di fonti alternative e valorizzazione del contesto; riconoscimento del non-amico come interlocutore con diritto di replica; presunzione dell’innocenza; coltivazione del dubbio ed empatia; fiducia nella capacità delle persone di evolversi nel tempo.

Autore: Petra Dal Santo | dalsanto@keanet.it

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